Secondo l’Istat 5 ragazze su 10 tra gli 11 e i 17 anni usa il telefono tutti i giorni per almeno tre/sei ore. Durante alcuni momenti nella scuola superiore dove lavoro mi è stato raccontato da alcune di loro che durante il periodo di lockdown arrivavano anche a 9 ore di “screen time”. Nel dirmelo si sentivano estremamente in colpa e potevo sentire un senso di vergogna rispetto alle loro fragilità che attraverso quel “numero” di ore si palesava in modo tangibile.
Proviamo a non sorprenderci quando un adolescente ci dice qualcosa e capire come questo può costruirsi come l’unico modo di portare avanti la loro identità narrativa in una società come la nostra.
Cosa accadrebbe se non lo facessero? Probabilmente non sarebbero più come le altre, quindi considerabili e riconoscibili dal gruppo, ma diverse -> Male. Non sarebbero reperibili immediatamente e quindi potrebbero perdere delle relazioni fondamentali, nei termini in cui la “presenza” è essenziale in adolescenza -> Malissimo. Si perderebbero qualcosa” che in qualche modo poi è utile per avere conversazioni al pari con gli altri -> Peggio di così si può?
Queste sono solo alcune delle dimensioni riportate dalle ragazze e che però ci permettono di ricordare come sia percepirsi i diversi durante quel periodo di vita: insostenibile. Attraverso lo schermo vedo gli altri e sono vista, sono qualcuno.
Questo non solleva dalla possibilità che ciò possa essere una difficoltà ma permette di comprendere e aiutare le ragazze dare un senso più ampio delle loro azioni e delle loro scelte.
Parlandone in terapia ed acquistando consapevolezza potrebbero stupirci e scegliere di usare strade alternative per non perdere le loro relazioni e non minacciare la loro visione di sé.